Sister Namibia è un’organizzazione no-profit femminista nata nel 1989 in difesa dei diritti delle donne con sede a Windhoek, in Namibia. Rappresenta una voce costante per la promozione della parità di genere e l’emancipazione delle donne attraverso la condivisione di informazioni e mezzi pratici.
La rivista Sister Namibia viene pubblicata quattro volte all’anno ed è pensata per ispirare le donne a fare scelte libere e agire come agenti di cambiamento nelle loro relazioni e nelle loro comunità. Sister Namibia ospita regolarmente workshops con scuole e studenti universitari, gruppi giovanili e altre organizzazioni. I workshops sono interattivi e ruotano attorno a temi aggiornati su questioni di genere e situazione delle donne in Namibia (corsi su autodifesa, gravidanze adolescenziali, gestione dei conflitti all’interno della coppia, sessualità ecc.).
Uno dei progetti principali portati avanti da Sister Namibia negli ultimi 4 anni è quello dei Sister Pads, ovvero la produzione e distribuzione di assorbenti lavabili per le ragazze che vivono nelle aree rurali del Paese.
L’incapacità delle ragazze nel gestire in modo sicuro ed efficace le loro mestruazioni si è recentemente dimostrato essere un ostacolo all’uguaglianza di genere, un impatto negativo sulla salute e sulla loro capacità di riuscire accademicamente ed economicamente.
Durante le loro mestruazioni, soprattutto le ragazze che vivono zone particolarmente rurali, si assentano da scuola ogni mese tra i 3 – 5 giorni per mancanza di prodotti sanitari, costrette a utilizzare ‘alternative’ come foglie, carta, vecchie magliette o imbottiture
per materassi.
L’obiettivo del progetto Sister Pads è quello di per aiutare le ragazze a rimanere a scuola, evitando loro di usare alternative dannose a quando non hanno qualcosa da usare durante le mestruazioni, che può portare a contrarre facilmente le IST e altre malattie. I Sister Pads permettono quindi alle ragazze di sfruttare al massimo le opportunità educative per aumentare la loro fiducia e dignità ed educare alla salute e i diritti sessuali e riproduttivi (MHM). Questo progetto mira inoltre ad aumentare la capacità delle donne nelle popolazioni target di produrre kit Sister Pads di alta qualità che Sister Namibia poi venderà, così da assicurare l’emancipazione delle donne locali aumentando le loro possibilità di guadagno.
Gli assorbenti sono prodotti localmente in 100% cotone e ProSoft Waterproof PUL, un tipo di fodera prodotto negli Stati Uniti, traspirante, morbido, elastico, flessibile e resistente.
L’assorbente può essere riutilizzato, risciacquato e lavato ed è quindi anche sostenibile perché rispettoso dell’ambiente. Un kit è composto da due imbottiture impermeabili, da quattro pezzi di tessuto che assorbono ulteriore sangue e istruzioni su come pulire e mantenere gli assorbenti,
il tutto contenuto in una piccola borsa di stoffa per un trasporto più facile.
Dal lancio del progetto alla fine del 2014, più di 3.280 ragazze sono state fornite con un kit Sister Pads che possono durare fino a due anni.
Dato che le ragazze frequentano la scuola più regolarmente, i SisterPad potrebbero contribuire positivamente sulla futura indipendenza finanziaria delle ragazze.
Testimonianza di Chiara d’Onofrio
Per me è stato un grande onore far parte, seppur per un breve periodo, del team di Sister Namibia perché, oltre a conoscere donne meravigliose quali sono la direttrice e la media officer, ho avuto modo di entrare a diretto contatto con realtà che a malapena immaginavo. Un’esperienza che mi ha arricchita moltissimo. Il mio lavoro è stato principalmente lavoro d’ufficio: revisione del sito web, della pagina Facebook, ricerca di articoli per la rivista ed il blog, analisi dei test pre e post utilizzo dei Sister Pads.
L’analisi dei test era un passaggio molto importante perché mi permetteva di conoscere direttamente le esperienze della ragazze a cui sono stati o saranno distribuiti i Sister Pads: leggevo di secchi con poca acqua usati in comune da decine di persone, di bambine intimidite di non farsi vedere in pubblico durante i giorni di mestruo perché considerate impure, di bambine che non vanno a scuola quando piove perché il tragitto casa-scuola si percorre a piedi (e per diversi chilometri), di bambine che non hanno i mezzi essenziali per far fronte ai giorni di mestruo.
Ma la parte più interessante è stata senza dubbio quella interattiva, ovvero quando si andava nelle scuole per i vari workshops. Come già accennato, uno dei compiti dell’organizzazione è anche quello di insegnare tecniche di autodifesa attraverso brevi lezioni nelle scuole o nella sede dell’organizzazione stessa. Queste lezioni sono indirizzate in particolar modo alle bambine/adolescenti. Per noi è una realtà difficile da immaginare, ma in Namibia (così come in tanti altri paesi africani e non) le molestie e le violenze sono per le donne un pericolo all’ordine del giorno. Le ragazze non hanno la libertà di uscire fuori casa la sera. Per noi è una cosa scontata, per loro sarebbe un lusso.
Non escono perché gran parte della popolazione vive in zone malfamate, con scarsa o inesistente illuminazione e altrettanto misera è la presenza delle forze dell’ordine. Si cresce così nei tuguri e nel terrore.
Leggendo il giornale, ogni mattina trovavo almeno un paio di notizie riguardanti violenze di varia atrocità a danno delle donne. Ne rimanevo puntualmente sconvolta, e col tempo mi sono accorta che la gente locale invece reagiva con indifferenza a tali notizie, a dimostrazione di quanto siano comuni e parte dell’immaginario collettivo. E la cosa è ancor più agghiacciante, triste: la gente ci ha fatto l’abitudine.
Andare nelle scuole è stato molto stimolante, e a volte toccante, perché quando iniziavamo a parlare di molestie e violenza sulle donne, prima di passare alla dimostrazione pratica dell’autodifesa, alcune bambine si aprivano con occhi pieni di paura mi raccontavano le loro storie, esperienze diverse ma alla fine tutte uguali: in particolare, un elemento ricorrente sembra esser lo zio che abusa regolarmente delle sue nipotine.
Oltre alle molestie domestiche, queste bambine/ragazze devono fronteggiare quotidianamente anche vari tipi di abusi da parte dei compagni di scuola e/o dai maestri, rispettivamente bullismo e punizioni corporali.
Ma al di là di questo lato negativo, c’era poi anche una parte gratificante e rassicurante, ovvero quando alla fine dei workshop le bambine si avvicinavano a chiedere maggiori informazioni circa l’organizzazione. Era davvero bello vederle interessate, curiose e fiduciose.
Sister Namibia non pretende di salvare tutte le donne del paese ma è certo che a piccoli passi, con piccoli progetti, video, articoli, workshops, un progresso nel lungo termine ci sarà e se anche solo la metà delle ragazze di oggi, future donne di domani, riesce ad elevarsi dalla condizione di bisogno in cui versa, sarà già una grande conquista.
Certo è demoralizzante pensare che realtà terribili come quelle che ho (indirettamente) vissuto siano così presenti su un territorio come quello della Namibia, considerato uno dei paesi africani più sviluppati.
Non oso immaginare le situazioni nei restanti paesi del Continente Nero.
Sister Namibia, nel suo piccolo, sta migliorando le condizioni di vita di tante donne.
E c’è ancora molto, troppo da fare, purtroppo.